Perché i boomer non possono capire Zerocalcare

I boomer non capiscono il lavoro di Zerocalcare. Non possono.

Pochi di loro riescono ad avere dentro la precarietà dei 30enni descritta così bene in Macerie prime. Difficile che comprendano la paura del giudizio ai tempi dei social – loro che sui social e al bar sono tuttologi –  e i sensi di colpa di chi non viene da una famiglia bene e fa un lavoro che non comporta lo sporcarsi le mani di grasso.

E la complessità del rapporto con il tempo in un tempo in cui ci hanno fatto credere che le possibilità sono potenzialmente infinite? Quella condizione rappresentata così bene da Zerocalcare attraverso una donna che si porta sulle spalle una clessidra gigante perché ha realizzato troppo tardi che non era vero che c’erano infinite possibilità e il tempo sta scadendo.

Non è giusto dire che proprio nessun boomer possa capire Zerocalcare, è una provocazione tagliata con l’accetta ma sappiamo anche che è vera. Visto che Zero ha mille sfumature ho cercato di riassumerne alcune che ne fanno il rappresentante della sua generazione, sicuramente il mio rappresentante.

Zerocalcare e la PAURA DEL GIUDIZIO

E’ una costante nella sua produzione di e da praticamente il titolo, l’incipit e la conclusione dell’ultima raccolta La scuola di pizze in faccia.

Stupendo il finale che parafrasato dice: fai quello che ti pare che tanto le pizze in faccia le prendi comunque, vai a prendertele e a ridarle per qualcosa in cui credi.

La paura del giudizio e l’insicurezza fanno anche di Zerocalcare uno dei più onesti artisti in circolazione, che ammette che sì, gli rode se qualcuno parla male di lui, che spiega i retroscena delle sue scelte e i sensi di colpa dovuti al success.

SENSI DI COLPA e INADEGUATEZZA

Più professionali che personali. Perché sembra sempre che quel lavoro che ti sei sudato te l’abbiamo un po’ regalato e il fatto che ti sottopaghino sia già troppo. E allora c’è bisogno di fare sempre di più di non dire mai di no a nessuno, ma non per i soldi – chi ti paga? –  ma perché non puoi fare la figura di quello che se la tira.

Timori che non hanno i boomer (ma non solo) idraulici, elettricisti, imbianchini che non si presentano, si fanno supplicare, attendere, arrivano sbuffano e poi chiedono se va bene senza fattura.

PRECARIETA’

Lascio spazio a Zerocalcare con la metafora delle macerie in cui viviamo e le parole sul dolore del lavoro: “Per te la catastrofe è quando succede qualcosa di brutto, per me è ogni giorno in cui non succede niente”.

I due volumi di Macerie prime sono la perfetta descrizione della precarietà economica, lavorativa e poi sociale dei trentenni che non riescono a capire cosa faranno dove saranno di lì a una settimana.

LA VITA CRISTALLIZZATA e il tempo che scorre

E’ il punto che fa più male. E’ come se la metà di un’intera generazione si sia fermata ad aspettare qualcosa che non ha arrivato, pensando che il tempo ci sarebbe stato, ce n’era. C’è chi è stato indotto all’immobilità da quella degli altri e chi quell’immobilità l’ha cercata, inconsapevolmente, perché se sei nelle macerie della precarietà perenne lasciare quel poco che è conosciuto è ancora più difficile.

“Diploma di immobilità.

Attesta che anche stavolta hai preferito buttare tutto al cesso piuttosto che fare un passo sconosciuto. Con addosso qualche anno in più e qualche pezzo in meno. Che però non ti alleggerisce per niente. Anzi.

Sei solo più vecchio, stanco e pesante”.

 

Ecco. Ci vuole tanta autocritica, autoanalisi e autoironia per amare zero calcare. Forse per questo molti boomer non provano a capirlo.