
Donne oggetto. Donne inermi. Donne sante. Donne spogliate. Donne che si rinchiudono in un angolo quando l’uomo non c’è.
Mi è risuonata più o meno così la presentazione della prossima mostra d’arte pittorica a Brescia; un progetto che vorrebbe celebrare le donne nella pittura ma che le trasforma in un “tema”, o temino, e diventa esposizione di cos’è vivere in una società così paternalistica, se non patriarcale, di uomini che ci spiegano le donne.
Palazzo Martinengo presenta così la prossima mostra che allestirà a Brescia: “Dopo il grandissimo successo ottenuto con Gli animali nell’Arte prosegue il percorso di indagine su temi di grande attualità sociale e mediatica proponendo un’esposizione dedicata alla rappresentazione della donna”.
Donne come animali, esposte perché di “attualità sociale e mediatica” – in poche parole perché “il tema tira” – e sempre come oggetti. Anche qui come nella quotidianità che certe élite amano snobbare la donna è solo oggetto dello sguardo dell’uomo e non artefice della propria vita, non è una creatrice. Nell’arte, come un animale, può solo osservare o meglio essere osservata senza essere degna di fare altro se non ispirare un artista maschio.
Stando a quanto è stato comunicato dell’associazione organizzatrice dell’esposizione, pare infatti che nei quadri le donne siano (quasi) solo oggetto dello sguardo altrui e non artiste. Curioso che, guarda caso, sul sito dell’associazione e sui comunicati ufficiati siano stati citati solo artisti uomini (Tiziano, Guercino, Pitocchetto, Appiani, Hayez, De Nittis, Zandomeneghi e Boldini). Per scovare un’artista donna (ovviamente Artemisia Gentileschi) è necessario entrare nel sito dell’ufficio stampa, e cercare la galleria immagini dove appare una sua opera in mezzo a quelle di altri 14 maschi. Una caccia al tesoro!
Se per caso non fosse l’unica artista donna, ma dubito, perché non citare anche le altre?
“Donna che non può rappresentare se stessa
ma deve sempre esistere in funzione di uno sguardo maschile,
e nell’attesa che lo sguardo maschile arrivi
aspettare e magari farsi carina visto che non ha altro da fare.
D’altronde però ci avevano avvisato con quel “la rappresentazione della donna”, donna che non può rappresentare se stessa ma deve sempre esistere in funzione di uno sguardo maschile, e nell’attesa che lo sguardo maschile arrivi aspettare e magari farsi carina visto che non ha altro da fare.
Non finisce qui. Fra le otto sezioni tematiche non potevano mancare le sante (e la mitologia “in rosa”), la maternità e, ovviamente, il nudo e la sensualità. Il solito amabile trittico insomma.
La cosa che mi lascia più sconcertata è il maschilismo non consapevole perché l’intento di tutto ciò sarebbe di sensibilizzare sulla disparità di genere e la violenza contro le donne. Spiega l’ufficio stampa: “Tramite appositi pannelli di sala, sarà possibile approfondire alcuni tematiche di grande attualità sociale e mediatica quali le disparità tra uomini e donne, il lavoro femminile, le violenze domestiche, l’emarginazione sociale e le quote rosa. Le opere d’arte diverranno quindi formidabili veicoli per sensibilizzare il pubblico – soprattutto quello più giovane – verso argomenti di grande importanza socio-culturale, e di centrale rilevanza nella moderna società civile”. Farebbe ridere se non fosse vero.
Provo a farla semplice: ci state dicendo che le donne possono essere solo oggetto dello sguardo altrui, che le donne non sono persone attive nel mondo, che sono solo un tema di moda. Ci state dicendo che non valiamo.