L’Iliade raccontata da una schiava diciannovenne

L’ira di Achille vista da vicino. Quella ira epica persino per i guerrieri come poteva essere vista da una donna, una schiava? E più precisamente da Briseide, la sua schiava.

Il Silenzio delle ragazze di Pat Barker è un’opera importante e ben scritta. Parte dalla fuga dal palazzo di Lirnesso, città alleata a Troia, di Briseide. Rifugiate in una torre assieme a lei ci sono centinaia di altre donne e bambini, principesse e schiave unite dal solo destino di essere donne e quindi oggetti. Lì, per ore aspettano che si compia il destino di Achille e degli Achei e quel portone venga spalancato. Qualcuna di loro non aspetta e quando i nemici entrano nella città si getta dalle mura. La maggior parte di loro starà lì ad aspettare.

Il silenzio delle ragazze

In pochissime pagine Barker descrive perfettamente il terrore di vedere uccisi padri e fratelli nell’assoluta consapevolezza di diventare, di lì a breve, preda, oggetto di sfogo, bottino di guerra. Descrizioni accurate ma brevi degli odori, gli sguardi e la carneficina di una città conquistata. Non ci sono mai però dettagli troppo voyeristici, non servono per descrivere il terrore di quegli attimi. In poche pennellate l’autrice pone l’attenzione su cosa significhi convivere con gli “eroi di guerra”, guerrieri che hanno ucciso tutta la loro famiglia e le hanno rese schiave.

A seguire “bottino” viene condotto nell’accampamento acheo devo entrano in scena veramente gli uomini dell’Iliade. Achille prima di tutti. Perché in quel non luogo poco fuori del campo di battaglia non c’erano solo gli eroi ma anche le donne che nell’Iliade vengono nominate solo per dare loro le colpe di altri morti, i loro oggetti, i regali per i loro sforzi in battaglia. Donne costrette a rapporti sessuali di ogni tipo, sguattere, lavoratrici, infermiere, tessitrici.

“Questa era la sua storia: la sua ira, il suo dolore. Che io fossi in collera, che soffirssi anch’io, non importava.

E invece eccomi di nuovo lì, ad aspettare il momento in cui lui avrebbe deciso che era ora di andare a domire:

ancora in trappola, ancora imprigionata dentro la sua storia senza una parte autentica da poter definire mia.

Anche se la storia è quella che conosciamo tutti non è la storia che conosciamo tutti perché cambia il punto di vista anche se le donne possono essere solo osservatrici e mai protagoniste.

Lo sguardo delle donne sugli Eroi

In questa narrazione Ettore e Andromaca non sono sulle mura di Troia. Qui Ettore è presente solo nel’urlo collettivo delle donne troiane dell’accampamento che si disperano per alla sua morte dopo la quale certamente cadrà la città, è solo un corpo trascinato dal Pelide, è solo un anziano padre che varca la linea nemica, si spoglia di quell’orgoglio guerriero e supplica il suo assassino di ridagli indietro il corpo del figlio, è lo sguardo della nonna del piccolo Astianatte gettato dalle mura di Troia da Ulisse. “Solo”.

Tramandare la propria storia

“Ci serve una canzone” riflette Briseide mentre pensa ai tanti racconti e canzoni che esaltavano anche all’epoca i guerrieri che diventano così eroi. Ci pensa anche mentre ascolta un’altra donna intonare una ninna nanna al figlio o quando pensa che ciò che non è condiviso smette di sembrare vero e forse persino di esistere.

Una resistenza della memoria è l’unica alternativa possibile alla morte assoluta o a quella dell’anima. E’ l’unica risposta che lei riesce a darsi per sopravvivere alla “cattività”.

Il libro

Non ho apprezzato la scelta dell’autrice di inserire anche dei capitoli in cui il punto di vista cambiava e tornava ad essere maschile, spesso di Achille. Avrei preferito venisse evitato sia per ragioni stilistiche e soprattutto concettuali: quella storia è già stata raccontata, per millenni, raccontiamone un’altra.

Scrivendo di queste vicende così specifiche e conosciute Barker riesce a far luce su una situazione assoluta delle donne, a denunciare gli stupri di guerra e a costringere il lettore a guardare oltre la visione imposta della storia. E’ una storia così attuale da fare male: centinaia di morti in guerre per vanità e orgoglio e perdita dell’umanità.